martedì 17 dicembre 2013

Pensieri vari - alla ricerca della positività


Cari lettori, 
ci siete ancora? Chi lo sa, sono rimasta ferma per parecchio tempo con il blog, ma considerato che a breve ci sarà la Fashion Week uomo e come sempre andrò a fare qualche scatto alle sfilate, mi sembra doveroso rianimare un po' queste pagine. 
Siccome però non mi piace essere monotematica oggi non parlerò di moda (e nemmeno della morte di Paolo Fox, che ormai ha definitivamente lasciato lo spazio che aveva fra le app del mio iPhone, pace all'anima sua).
Oggi vorrei parlarvi di un argomento a me sempre molto caro, la ricerca della positività

Se qualcuno di voi nel leggere la frase precedente ha pensato "eh ma come si fa, c'è la crisi!" MOLLI IMMEDIATAMENTE NON SOLO QUESTO POST ma anche il mio blog. Sono così stufa di questo pretesto della crisi per poter, da bravi italiani lamentosi, non reagire mai alle difficoltà, fra l'altro mi risulta che ci fosse qualche tempo fa la coda nei negozi il giorno dell'uscita della Playstation 4, se questa è crisi io sono Claudia Schiffer. 
Detto questo, vorrei ricordare a tutti che gli ideogrammi che compongono la parola CRISI in cinese sono "pericolo" e "opportunità" quindi tutto sommato un momento difficile può essere utile per un vero cambiamento, fa mettere in discussione la strada percorsa fino a quel momento e magari può indirizzare in una situazione ancora migliore. Lo so, chi non ha dato retta al mio avvertimento di smettere di leggere starà pensando che sono una cretina. Invece non è così, perché io sono fermamente convinta, e lo dico per esperienza personale, che tutto cambia quando le situazioni si guardano dal punto di vista più positivo che riusciamo ad avere. 
Di natura io non sono una persona positiva, infatti chi mi conosce sa in che abissi di depressione posso affondare. Ma io so anche che, con SERIO E METODICO impegno, posso ribaltare completamente il mio umore e affrontare ogni situazione molto meglio.
Come dico sempre, l'umore, la forza interiore e la positività sono come dei muscoli, se volete averli, vanno allenati. All'inizio è difficile e sembra impossibile. Chissà perché c'è questa opinione diffusa che ogni emozione sia "incontrollabile". In fondo le emozioni sono reazioni delle nostre reti neuronali quindi nient'altro che un risultato chimico e fisico del nostro corpo. In quanto tali sono modificabili. Certo, non dal nulla. Nessuno impara a sorridere se è abituato a piangere e nessuno abituato a piangere smette di farlo se non decide di smettere. 

Faccio tutto questo discorso perché purtroppo, in inverno tendo a deprimermi e quindi nelle ultime settimane ho fatto molto di quanto ho appreso negli anni, in primis meditazione, per smuovere energie positive dentro di me. E in questo periodo in cui tutti si gongolano nella parola CRISI penso sia di primaria importanza saper dire "io della crisi me ne fotto e se ho un problema lo risolvo e con un sorriso!".

Spero che questo post possa ispirare qualcuno a reagire e a decidere che è ora di dire basta al farsi trascinare dalle emozioni negative che aleggiano fin troppo nell'aria che respiriamo.

Be positive! :)

martedì 13 agosto 2013

Pensieri estivi - il valore della carta

Bentornati cari lettori. Anzi, bentornata Flavia, visto che ho cancellato questo blog per un paio di mesi. Oggi, dopo averlo riattivato, voglio scrivere qualche pensiero nato dal tempo che ho per riflettere di questo lungo agosto di ferie.
Intanto una piccola parentesi sul perché ho cancellato il blog: quest'anno è passato nell'intenzione di volermi riprendere la mia identità reale a discapito di quella digitale. Ho cominciato cancellandomi da Facebook perché ho iniziato a non sopportare più le molteplici interazioni con le persone intorno a me e per "osmosi" con le persone a loro collegate, in quella rete fitta di gossip, avvenimenti, foto e parole (la maggior parte inutili) che ti bombardano in quella maledetta bacheca.

VOGLIO RIPRENDERE LA MIA VITA E VIVERE SOLO QUELLA, NON IL RIFLESSO DI QUELLE ALTRUI.

Poi ho cancellato Twitter, ma siccome in fondo è un social inoffensivo l'ho riattivato piuttosto in fretta. Mi sono attrezzata per ricevere gli rss sul cellulare per tutti gli argomenti che mi interessano che prima seguivo sul maledetto Facebook, poi ho deciso che volevo sparire del tutto dal web, il pensiero che gente sconosciuta mi trovi su Youtube o sul blog e si faccia i fatti miei ha iniziato a diventare fastidioso ed intollerabile. Quindi ho cancellato, in preda ad un momento di psicosi da privacy, anche il mio adorato Furachannel, cosa di cui un po' in effetti mi sono pentita, ma in fondo non facevo un vlog da mesi e ogni volta che pensavo di farlo mi domandavo "ma a chi voglio comunicare? Ho ancora bisogno di farmi ascoltare dalle persone?". La mia risposta era NO. Quindi cancellato sia quello che questo blog. Ma quanto tempo può resistere una scrittrice logorroica e con manie di protagonismo lontano dalla rete? A quanto pare un paio di mesi.

La parentesi è stata più lunga del previsto, quindi torniamo in topic.
Meno di un mese fa ho preso un vecchio moleskine (soprannominato "il quaderno del cazzo", solo una persona sa il perché) e l'ho fatto diventare un contenitore cartaceo di pensieri, quasi un diario, e di appunti per il mio terzo romanzo, nonostante non abbia ancora finito il secondo. Ho riscoperto il piacere delle penne colorate, della calligrafia, della carta sotto le mani, delle immagini stampate ed incollate, come facevo una volta con le smemorande, le mie enormi agende piene di tutto che racchiudevano ogni pensiero ed sensazione. Ne ho riletto alcune pagine, spesso non ho nemmeno capito a cosa mi riferivo nelle frasi che ho scritto, ma poco importa, perché era tutto lì. Non in mille file sparsi su cellulare, mac, netbook, dropbox e chiavetta. Decisamente espando troppe parole in posti diversi. Quindi ecco che dopo la riappropriazione della mia identità reale ho ripreso anche la fisicità dell'atto della scrittura e della bellezza dei caratteri scritti di mio pugno, non battuti su una tastiera. Tutto ha più potere quando è fatto nel mondo reale piuttosto che in quello digitale. Prende una vita propria diversa, più concreta. Pensando a tutto questo mi sono anche resa conto di iniziare ad odiare Wikipedia. Una volta, ed io me lo ricordo visto che sono cresciuta senza internet, se una persona voleva conoscere un argomento doveva prendersi un'enciclopedia, sbattersi per trovare informazioni, andare in biblioteca. Ora quanto è facile con un click imparare tutto quello che Wiki ci propone? Per altro poi fermandosi lì. Ma è poi così giusto rendere il sapere accessibile a tutti i pecoroni di questo mondo? Dov'è finita la cultura reale? Mi sembra di vivere nel mondo dei bigini, dei riassunti, delle informazioni sommarie e raffazzonate, scritte da chi? Da studiosi? Da esperti? Nella maggior parte dei casi NO. Chiunque può mettersi su un piedistallo, aprire la bocca e dargli fiato facendo credere a chi legge on line di avere davvero congizione di causa.
Per non parlare di quando le persone leggono mezzo titolo di un articolo e capiscono meno della metà del reale contenuto di quello che davvero c'è scritto.

Vorrei citare Oscar Wilde:
A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio.

Durante quest'anno ho anche ritrovato l'amore per il silenzio. Quante volte ho trovato intollerabili le chiacchiere campate per aria delle colleghe in ufficio? Quante volte avrei voluto tappargli la bocca piuttosto che ascoltare stupidaggini create da un misto di nozioni frammentate sentite in radio o in tv e di pareri personali, spesso impregnati di ignoranza. Un esempio su tutti, e quella volta non sono riuscita a editare di controbattere: qualcuno parlava del romanzo Il seggio vacante della Rowling definendolo un romanzo "per adulti" alla stregua di 50 sfumature di grigio. Avrei voluto morire. Ho pensato che non potevo permettere ad una persona di far credere ad altre cinque che la mamma di Harry Potter avesse scritto una boiata del genere quindi sono intervenuta spiegando il significato della definizione dei media di "per adulti" in merito al romanzo.
Ma spesso ho lasciato che vagassero nella loro ignoranza totale di quello di cui parlavano. Perché in fondo ormai a me poco importa di relazionarmi con persone non pensanti, stereotipate, banali e, ammettiamolo, CONFUSE. Calderoni di informazioni prese qui e lì senza un reale contesto o approfondimento.

Mi auguro quindi che qualcuno di voi lettori rifletta su queste parole e su quanto sia necessario in questo mondo ormai contaminato da troppe persone che parlano senza sapere nulla RIPRENDERE LE FILA DELLA CONOSCENZA approfondendo, valutando, capendo... senza limitarsi ad aprire due siti e pensare che quella sia CULTURA.

Racconto (autobiografico) - Il viaggio

Pianoforte. Ascolto Brett Anderson che canta "The Two of us" dagli auricolari a volume così alto da coprire la radio che mio padre ascolta mentre guida. Cerco di rendere silenziosi i pensieri nella mia testa riempiendola di note e melodie senza molto successo. Se chiudo gli occhi, rannicchiata nell'angolo del sedile dietro, l'auto sembra un bozzolo in movimento, veloce verso il vuoto che mi attende a casa. Quanto tempo resisterò con il cellulare in mano e il wi-fi acceso prima di controllare il mio mondo digitale e vedere con sconforto che la totale assenza di oggi non è stata percepita da nessuno?
"I think last night you were driving circles, around me" cantano Micheal Stipe e Kristin Hersh.
Mando avanti la canzone seguente ed evito tutte le melodie allegre che ascoltavo solo qualche ora fa davanti al mare della Liguria, guardandolo ho pensato che l'azzurro dell'acqua fosse la tonalità di colore più meravigliosa al mondo, che il rumore delle onde fosse il sottofondo più dolce che potrei mai ascoltare. Dietro agli occhiali ho fissato lo sguardo verso l'infinito per non percepire la presenza di alcun essere umano, nonostante fossero lì, con cani che correvano e bambini in tuta da sub. Mi è sempre riuscito facile fare finta di essere l'unica persona esistente quando mi trovo davanti alla vastità del mare, non ho mai lasciato che la presenza altrui rovinasse i miei momenti di unione con la natura.
Un cartello dice che manca un chilometro al casello di Milano, vorrei che mio padre guidasse all'infinito e che io potessi continuare a scrivere per sempre questi pensieri e non tornare mai più alla dimensione quotidiana.
Per la seconda volta oggi nella casualità del mio iPod parte "Rolling in the deep" di Adele e ogni volta che la ascolto rivedo dentro me la scena che ho descritto nel mio romanzo, la mia Susy che piange mentre fuma alla finestra ascoltandola, quante volte mi sono rifugiata in lei, tanto che a volte la sento più vera delle persone che ho accanto. A differenza delle persone reali, lei non mi lascerà mai, vivrà sempre con me, nel mio immaginario, nella mia mente creatrice di storie. Quando sarà il momento verrà anche tatuata sulla mia pelle e sogno ogni giorno quell'attimo come il più bello della mia vita, perché testimonierà il fatto che ce l'ho fatta, che il mio romanzo è stato pubblicato e che tutti possono leggerlo.
"Non immagini, gli universi che ho" quando ascolto i Noa mi chiedo sempre se esistano ancora "paga finché puoi fin tanto d'insabbiare, paga finché vuoi". Sogni e desideri si affollano dentro di me e da un lato sento che sono vicini, da un lato forse sono solo illusioni. Cinque minuti e sarò a casa. Il filo del mio pensiero che si trasforma in tasti digitali pigiati su un iPhone si spezza. Ora di cucinare la cena. Che schifo.

Racconto - Psycho



 Le persone mi disgustano. Brulicano per la città con i loro vestiti a poco prezzo, si portano appresso tupperware pieni di cibo scadente in borse di plastica con stampati orribili cagnolini. Quando vado a fare la spesa osservo cosa contengono i loro carrelli e il viso mi si contorce in una smorfia: insaccati, piatti pronti surgelati, polpettone precotto, formaggi grassi: cibo spazzatura per gente spazzatura. Mangiano merda e si lamentano di strati e strati di adipe di cui non riescono a liberarsi.

Imbottiti di frasi fatte e sprovvisti di neuroni, sono morti dentro e non se ne rendono conto, sopravvivono per alimentare la vita stereotipata fatta di una casa, un lavoro a tempo indeterminato, matrimonio, figli, pensione, morte. Quando scavi più a fondo, dietro alla facciata di una vita stabile e perfetta trovi tradimenti, bugie, egoismo e malcontento. Ma va tutto bene, finché lo stipendio arriva ogni mese, finché tutto scorre in banale tranquillità, senza sorprese.
Pupazzi ridicoli, sciatte casalinghe senza interessi, manager che portano puttane nelle loro macchine aziendali mentre la moglie si imbottisce di Xanax e menzogne. Loro che non hanno mai letto un libro dall'inizio alla fine, che guardano il telegiornale e credono a qualsiasi cosa il sistema sceglie di dirgli per rintronarli di stronzate, che passano il sabato pomeriggio al centro commerciale e comprano decorazioni di Natale fingendo di divertirsi alle riunioni famigliari.
Mi fanno tutti schifo.
Qualche giorno fa ho incontrato il mio ex fidanzato Ruben. Non lo vedevo da dieci anni e la cosa più utile che gli ho visto imparare durante la nostra relazione è stato dosare l'alcool nelle giuste quantità per preparare un ottimo Cuba libre. Stavo tornando a casa dopo una giornata di lavoro particolarmente pesante e l'ho incrociato mentre saliva le scale della metropolitana. Sentivo odore di sudore e pelle non lavata e mi stavo guardando intorno per capire da dove provenisse e invece di trovare il colpevole ho visto la sua faccia, solo che al posto del vecchio sguardo da maschio stupido con la tessera dello stadio in tasca aveva un penetrante occhio che sembrava vispo e intelligente.
«Monica! Sei proprio tu?» invece che rispondere l'ho squadrato da capo a piedi, quello che aveva addosso era un completo di Gucci?
«Non ci posso credere! Quanto tempo, sei ancora splendida!» e dicendolo mi ha preso la mano e l'ha baciata da perfetto galantuomo, sfiorandola appena. Sembrava un'altra persona rispetto a quella che avevo lasciato al culmine del mio fastidio per la sua assoluta banalità.
Dopo una raffica di parole e convenevoli inutili tipo cosa fai nella vita, sei fidanzata, hai dei figli, che lavoro fai, una lista di banali domande di circostanza, mi ha chiesto se volevo andare con lui a prendere un aperitivo. Gli ho risposto che mi avrebbe fatto piacere, volevo capire dove si era nascosto il ridicolo ragazzo che non sopportavo più e come avesse fatto a lasciare il posto ad un uomo carismatico e pieno di sé.
L'ex fidanzato fallito, che sembrava essere diventato un vincente, mi ha portata nel locale più costoso della città, uno di quelli dove devi prenotare un tavolo una settimana prima per poterti sedere, ha fatto un cenno alla ragazza all'ingresso, che sembrava conoscerlo, lei sorridendo ci ha accompagnati nel privèe. Non sapevo nemmeno che lo avessero, un privèe. Ha ordinato champagne e ha cominciato a farmi un resoconto dettagliato della sua vita da quando l'ho lasciato. Per un periodo ha lavorato come magazziniere in una importante compagnia farmaceutica e lì ha conosciuto Carla, la bella e stupida figlia del proprietario. Sapevo che non sarebbe mai arrivato da nessuna parte con quell'unico neurone che aveva nel cervello. Ridendo mi ha raccontato di come sia stato facile farsi sposare e di quanto rapidamente era riuscito grazie a lei ad ottenere un posto manageriale. Ed ecco spiegati i soldi, i vestiti di alta moda e l'assurda, ostentata sicurezza che sembrava uscirgli da ogni poro.
Lui spiegava, rideva e a volte mi lusingava con complimenti del tutto incolori e banali. Osservavo i suoi denti sbiancati chimicamente e sognavo di fracassarglieli con una vanga. Sorridevo, amabile e falsa, mentre con quella forchetta che stava usando per mangiare il cibo del ricco buffet volevo trapassargli la giugulare. La rabbia saliva ogni minuto.
La gente mi fa schifo, soprattutto quelli che ottengono risultati e in realtà non si meritano niente.
Prima di andarmene dal locale gli ho sussurrato all'orecchio:
«Rimarrai sempre un perdente, anche con quella maschera di vittoria» lui mi ha guardato senza parole e sono andata via.
Le persone mi disgustano, tutte. 

(ispirato al film American Psycho, tratto dall'omonimo libro di Bret Easton Ellis, capolavoro della letteratura moderna)