martedì 13 agosto 2013

Pensieri estivi - il valore della carta

Bentornati cari lettori. Anzi, bentornata Flavia, visto che ho cancellato questo blog per un paio di mesi. Oggi, dopo averlo riattivato, voglio scrivere qualche pensiero nato dal tempo che ho per riflettere di questo lungo agosto di ferie.
Intanto una piccola parentesi sul perché ho cancellato il blog: quest'anno è passato nell'intenzione di volermi riprendere la mia identità reale a discapito di quella digitale. Ho cominciato cancellandomi da Facebook perché ho iniziato a non sopportare più le molteplici interazioni con le persone intorno a me e per "osmosi" con le persone a loro collegate, in quella rete fitta di gossip, avvenimenti, foto e parole (la maggior parte inutili) che ti bombardano in quella maledetta bacheca.

VOGLIO RIPRENDERE LA MIA VITA E VIVERE SOLO QUELLA, NON IL RIFLESSO DI QUELLE ALTRUI.

Poi ho cancellato Twitter, ma siccome in fondo è un social inoffensivo l'ho riattivato piuttosto in fretta. Mi sono attrezzata per ricevere gli rss sul cellulare per tutti gli argomenti che mi interessano che prima seguivo sul maledetto Facebook, poi ho deciso che volevo sparire del tutto dal web, il pensiero che gente sconosciuta mi trovi su Youtube o sul blog e si faccia i fatti miei ha iniziato a diventare fastidioso ed intollerabile. Quindi ho cancellato, in preda ad un momento di psicosi da privacy, anche il mio adorato Furachannel, cosa di cui un po' in effetti mi sono pentita, ma in fondo non facevo un vlog da mesi e ogni volta che pensavo di farlo mi domandavo "ma a chi voglio comunicare? Ho ancora bisogno di farmi ascoltare dalle persone?". La mia risposta era NO. Quindi cancellato sia quello che questo blog. Ma quanto tempo può resistere una scrittrice logorroica e con manie di protagonismo lontano dalla rete? A quanto pare un paio di mesi.

La parentesi è stata più lunga del previsto, quindi torniamo in topic.
Meno di un mese fa ho preso un vecchio moleskine (soprannominato "il quaderno del cazzo", solo una persona sa il perché) e l'ho fatto diventare un contenitore cartaceo di pensieri, quasi un diario, e di appunti per il mio terzo romanzo, nonostante non abbia ancora finito il secondo. Ho riscoperto il piacere delle penne colorate, della calligrafia, della carta sotto le mani, delle immagini stampate ed incollate, come facevo una volta con le smemorande, le mie enormi agende piene di tutto che racchiudevano ogni pensiero ed sensazione. Ne ho riletto alcune pagine, spesso non ho nemmeno capito a cosa mi riferivo nelle frasi che ho scritto, ma poco importa, perché era tutto lì. Non in mille file sparsi su cellulare, mac, netbook, dropbox e chiavetta. Decisamente espando troppe parole in posti diversi. Quindi ecco che dopo la riappropriazione della mia identità reale ho ripreso anche la fisicità dell'atto della scrittura e della bellezza dei caratteri scritti di mio pugno, non battuti su una tastiera. Tutto ha più potere quando è fatto nel mondo reale piuttosto che in quello digitale. Prende una vita propria diversa, più concreta. Pensando a tutto questo mi sono anche resa conto di iniziare ad odiare Wikipedia. Una volta, ed io me lo ricordo visto che sono cresciuta senza internet, se una persona voleva conoscere un argomento doveva prendersi un'enciclopedia, sbattersi per trovare informazioni, andare in biblioteca. Ora quanto è facile con un click imparare tutto quello che Wiki ci propone? Per altro poi fermandosi lì. Ma è poi così giusto rendere il sapere accessibile a tutti i pecoroni di questo mondo? Dov'è finita la cultura reale? Mi sembra di vivere nel mondo dei bigini, dei riassunti, delle informazioni sommarie e raffazzonate, scritte da chi? Da studiosi? Da esperti? Nella maggior parte dei casi NO. Chiunque può mettersi su un piedistallo, aprire la bocca e dargli fiato facendo credere a chi legge on line di avere davvero congizione di causa.
Per non parlare di quando le persone leggono mezzo titolo di un articolo e capiscono meno della metà del reale contenuto di quello che davvero c'è scritto.

Vorrei citare Oscar Wilde:
A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio.

Durante quest'anno ho anche ritrovato l'amore per il silenzio. Quante volte ho trovato intollerabili le chiacchiere campate per aria delle colleghe in ufficio? Quante volte avrei voluto tappargli la bocca piuttosto che ascoltare stupidaggini create da un misto di nozioni frammentate sentite in radio o in tv e di pareri personali, spesso impregnati di ignoranza. Un esempio su tutti, e quella volta non sono riuscita a editare di controbattere: qualcuno parlava del romanzo Il seggio vacante della Rowling definendolo un romanzo "per adulti" alla stregua di 50 sfumature di grigio. Avrei voluto morire. Ho pensato che non potevo permettere ad una persona di far credere ad altre cinque che la mamma di Harry Potter avesse scritto una boiata del genere quindi sono intervenuta spiegando il significato della definizione dei media di "per adulti" in merito al romanzo.
Ma spesso ho lasciato che vagassero nella loro ignoranza totale di quello di cui parlavano. Perché in fondo ormai a me poco importa di relazionarmi con persone non pensanti, stereotipate, banali e, ammettiamolo, CONFUSE. Calderoni di informazioni prese qui e lì senza un reale contesto o approfondimento.

Mi auguro quindi che qualcuno di voi lettori rifletta su queste parole e su quanto sia necessario in questo mondo ormai contaminato da troppe persone che parlano senza sapere nulla RIPRENDERE LE FILA DELLA CONOSCENZA approfondendo, valutando, capendo... senza limitarsi ad aprire due siti e pensare che quella sia CULTURA.

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